lunedì 8 aprile 2013

" MIO SIGNORE E MIO DIO! " Gv 20,24-29

3 commenti:

  1. FAUSTI -Mentre gli altri erano nel cenacolo, ammucchiati dalla comune paura, Tommaso, il gemello, ha osato uscire, sprezzante del pericolo. Con il suo agire contraddice il suo nome ;non è solidale con loro . Non condivide la loro fragilità e paura. Per questo si esclude dagli altri, tagliando la relazione con loro. E' gemello di quella parte più profonda di noi stessi che non accetta il limite, ma, con la forza della disperazione, reprime la paura stessa, chiudendosi in una solitudine tanto eroica quanto distruttiva.Non crede alla vita . Vive la morte come unico orizzonte possibile. 
    L'evangelista riserva l'espressione “aver visto il Signore” alla testimonianza diretta dei primi discepoli. Nel racconto preferisce mettere in risalto il fatto che Gesù viene in mezzo a loro, per farsi riconoscere attraverso la Parola e i segni della passione impressi nel Suo Corpo.
    Evidenzia così quell'aspetto della fede che è comune a loro e a noi. 'Visio Dei, vita hominis” : vedere Dio è la vita dell'uomo.
    Il fuoco brucia, la luce illumina: l'incontro con il Risorto fa risorgere.
    La comunità vive perchè ha incontrato il Vivente.
    Trasformata in Lui dall'incontro con Lui, è in grado di testimoniarlo.
    E' infatti una cosa sola con Lui e il Padre, nell'unico Amore : ha accolto lo Spirito e vive della Sua Gloria, che testimonia al mondo.
    Tommaso non crede a chi ha visto. Non accetta la testimonianza della Parola e dello Spirito : non riconosce la vita nuova della comunità e non si inserisce in essa. 
    La credibilità del Figlio e del Padre è affidata ai fratelli che che vivono la comunione dell'amore reciproco. Lì incontriamo il Verbo diventato Carne. Tommaso vuol “vedere” e “toccare” per far parte dei dodici, testimoni del Risorto. A lui, come poi a Paolo, sarà concessa questa esperienza. 
    Ma ciò che conta, dirà Gesù a Tommaso, non è averlo visto per quel breve periodo in cui si è fatto vedere. Non è possibile a tutti essere nel posto dove sgorga la sorgente ; ma chiunque ha sete può bere di quell'acqua viva che ormai scorre su tutta la terra. Chi fu presente dove è scaturita, la canalizza fino a noi con la sua testimonianza, perchè ognuno possa dissetarsi. E' insieme il giorno primo e ottavo, quell'unico giorno senza tramonto, fonte di vita senza fine. Tutto è illuminato dalla luce del Risorto.
    Non a caso nel capitolo seguente, che racconta la terza manifestazione, non si indica più alcun tempo. Ormai viviamo sempre in quel tempo. Nella liturgia infatti iniziamo la lettura del Vangelo con l'espressione “in quel tempo”, perchè il racconto ci ri-presenta l'evento, facendoci contemporanei a esso. 
    L'Eucarestia è il luogo per eccellenza in cui si incontra il Risorto.
    Bisogna “far eucaristia in ogni cosa” (1Ts 5,18), perchè la nostra esistenza concreta diventi il vero culto spirituale gradito a Dio (Rom 12,1). 
    “Di nuovo erano dentro i suoi discepoli” “Dentro” non è più il luogo di tenebra e di paura, ma di comunione nella pace e nella gioia, dove il frutto dello Spirito fiorisce e matura in missione, perdono e testimonianza. 
    E' quel “dentro” di chi, essendo figlio, è inviato verso il “fuori “ del mondo, per continuare l'opera di Gesù. 
    In questo luogo, i fratelli vivono il memoriale del Figlio, che li rende “uno” e li proietta fuori, testimoni del Padre comune verso il mondo intero. “Pace a voi” la venuta e il saluto del Signore sono riferiti come nel racconto precedente. Egli si rivolge innanzi tutto alla comunità intera – dice infatti : 'Pace a voi ' , nella quale ora c'è anche Tommaso. 

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  2. Ogni incontro con il Vivente ci fa vivere “quel giorno” , godendo degli stessi doni. Dopo essersi manifestato alla comunità, Gesù si rivolge personalmente a Tommaso. Non vuole infatti perdere nessuno di quelli che il Padre gli ha dato (17,12). Rivolgendosi a lui, mostra che non solo conosce i pensieri del suo cuore, ma che era presente quando lui esprimeva la sua incredulità e il desiderio, ritenuto impossibile, di vederlo e toccarlo. Gesù è umile : si mette a disposizione di Tommaso, della sua sorda chiusura agli altri e alla vita.
    Questa condiscendenza lo renderà disponibile a credere in Lui, fino a giungere al punto più alto di espressione della fede. Gesù esorta Tommaso a realizzare il suo desiderio di toccare e vedere il segno dei chiodi che lo hanno sostenuto sulla croce, la ferita della lancia che gli ha aperto il fianco. La presenza del Risorto è sempre connessa con le Sue ferite, ricordo della Sua Passione, memoria perenne del Suo Amore per noi. L'esortazione è rivolta anche al lettore, gemello di Tommaso. 
    Come lui, anche noi siamo chiamati a toccare e vedere il Corpo del Figlio, per entrare in Comunione con Lui. 
    Vedere le ferite del Crocifisso,immergerci e battezzarci in esse, significa per noi respirare l'Amore più forte della morte stessa, trovare la fonte della vita. 
    Anche noi possiamo così contemplare la gloria del Verbo fatto carne, l'Unigenito del Padre, la gloria di quell'Amore per noi che è prima della fondazione del mondo.
    Tommaso, come Maria e gli altri, ha visto il Signore. Ma non basta vederlo. 
    Però non c'era quando gli altri Lo videro : per questo è anche simile a noi , chiamati a credere attraverso la testimonianza altrui. 
    Tommaso è l'anello di congiunzione tra i primi e noi, che sperimentiamo il Risorto attraverso il loro annuncio. 
    “Beati quelli che non videro e credettero” I verbi in greco sono all'aoristo perchè, quando l'evangelista scrive, i suoi lettori erano tra quelli che credettero senza aver visto. Ciò non significa che la fede è cieca. Al contrario : i credenti, in quanto non vedenti, hanno una fede incondizionata e i non vedenti, in quanto credenti, hanno una vista più penetrante degli altri. Hanno infatti aperto l'occhio del cuore, che solo vede la realtà.
    Questa beatitudine è per noi, lettori del Vangelo, che esultiamo di gioia indicibile e gloriosa, perchè, pur non avendo visto il Signore, lo amiamo (1Pt1,8). E' la beatitudine della fede , che si completa con l'altra beatitudine : “Sapendo queste cose , sarete beati, se le metterete in pratica”.
    La nostra beatitudine non è fare un incontro straordinario con Lui, ma, grazie all'ascolto della Sua Parola, condurre una vita nuova nell'amore, camminando come Lui ha camminato (1Gv 2,6).

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  3. LETTURA DEL GIORNO
    Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
    Ef 2,19-22

    Fratelli, voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù.
    In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

    VANGELO DEL GIORNO
    Dal Vangelo secondo Giovanni
    Gv 20,24-29

    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

    PAROLE DEL SANTO PADRE
    Questa è una parola molto importante sulla fede, possiamo chiamarla la beatitudine della fede. Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto: questa è la beatitudine della fede! In ogni tempo e in ogni luogo sono beati coloro che, attraverso la Parola di Dio, proclamata nella Chiesa e testimoniata dai cristiani, credono che Gesù Cristo è l’amore di Dio incarnato, la Misericordia incarnata. E questo vale per ciascuno di noi! (Regina Coeli, 7 aprile 2013)

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